Il periodo della quinta classe fu impreziosito per me da tre avvenimenti straordinari.
Il 15 febbraio ci fu nel cielo italiano l'eclissi totale di sole. Uffici e scuole chiuse per permettere a tutti di osservare un fenomeno astronomico così raro.
Ricordo che partimmo con la nostra 600 verso la periferia occidentale torinese, prati e pascoli.
Il Sole, erano passate da poco le otto, cominciò a scomparire coperto dalla luna. Ho ancora nelle orecchie i latrati impauriti del cani, i muggiti delle mucche. Un silenzio irreale quando si fece di nuovo notte. Poi il disco solare piano piano si ricompose e si tornò alla vita normale che era stata provvisoriamente sospesa.
Il 12 aprile si guardò di nuovo verso il cielo. Jury Gagarin fu il primo a superare l'atmosfera e con la sua navicella "Vostok I" fece il giro intorno al nostro pianeta. Avvertivo che si viveva in sottile ma continua fibrillazione, lanciati verso un futuro che aveva solo pagine bianche da essere scritte.
Il futuro come gioiosa speranza, in quei tempi benedetto dal sorriso ottimista di Giovanni XXIII, il Papa che inviava dal loggione di San Pietro la carezza ai bambini di tutto il mondo.
Torino, la mia città, aveva indossato un vestito nuovo per far bella figura davanti al mondo intero.
Nel 1961 si celebrava il primo centenario dell'Unità d'Italia. Una intera zona lungo il Po, a sud del Valentino, era stata costruita ex novo. Una monorotaia, decisamente avveniristica in una città che avrebbe avuto solo dopo quaranta anni la sua prima linea di metropolitana, introduceva al quartiere fieristico.
A destra della strada per Moncalieri il Palazzo a Vela ideato da Annibale Giorgio Rigotti. A fianco un edificio rotondo, il Circarama, con spettacolari sequenze curate da Walt Disney e splendide vedute sulle Alpi.
Poco più in là un'altra meraviglia dell'architettura moderna, il Palazzo del Lavoro, opera di Pier Luigi e Antonio Nervi, documentava i progressi della scienza e della tecnologia. A sinistra venti padiglioni raffiguravano le regioni italiane e si potevano trovare la fantasia e le tradizioni di una nazione così sfaccettata come la nostra. Dalle regioni italiane partiva, superando il Po, un'agile ovovia che conduceva a Cavoretto, parco collinare che domina la capitale sabauda, prima capitale d'Italia. Trascorsi una intera giornata di giugno con i miei nonni materni fra le meraviglie di Italia 61. Finalmente davanti a me c'era il mondo, non solo quello del sussidiario delle elementari. Mia nonna mi parlava di una altra esposizione, quella per il cinquantenario del 1911. Aveva 18 anni. Torino, persa la sua centralità politica, si era ritagliata il suo spazio nella fantasia, moda e cinema. E dopo altri 50 anni ecco Torino sfoggiare la sua vocazione industriale. Mia nonna aveva adesso 68 anni, capelli di un bianco argenteo da applauso, fiera della sua torinesità, fiera di aver visto che la storia era andata avanti nonostante la tragedia di due spaventosi conflitti mondiali; probabilmente era anche fiera, ma io non potevo saperlo, di trasmettere il proprio vissuto al suo nipotino.